Relazione di Franco, papà di Martino Pietro

Dott.ssa GIBI ONORINA (psicologa – psicoterapeuta – psicosomaticista – terapista della famiglia)

Si parla della relazione genitori – figlio/a. Occorre distinguere i CAPRICCI dai BISOGNI.

Il bambino, da quando nasce, si affida completamente ai genitori. Inizia dalla relazione simbiotica con la mamma, con cui sopravvive (finché è in pancia) con il cordone ombelicale. In seguito si relaziona al di fuori.

Spesso non riusciamo ad interpretare bene la relazione. Abbiamo il dubbio di non accudire bene i nostri figli, il timore di sbagliare la relazione, di situazioni di maltrattamento. Ci sentiamo incapaci, soli. Questa insicurezza provoca stress. La fatica passa, ma lo stress può permanere per mesi. Si instaura una relazione non fluida, ma di continuo “inciampo”; non solo la relazione diventa faticosa, ma ci sentiamo anche “colpevoli” – con la sensazione di volere “meno bene” -.

Spesso vi è il pregiudizio che il bambino faccia qualcosa “contro di noi” (“Ce l’ha con me”). Ma in realtà i bambini non ce l’hanno con noi: stanno “cercando la verità”. Provocano reazioni per scoprire la verità. Mostrano ambivalenza, insicurezza; sembrano ossessivi (“vi tormenterò finché direte la verità”). Queste ripetizioni e ossessioni sono per colpa nostra: loro hanno bisogno di verità assolute.

I genitori devono mantenere sempre le loro promesse. I figli ci insegnano a diventare maturi, coerenti (se no ci fanno “impazzire” con le loro domande e richieste. Occorre fare solo promesse che si possono mantenere. Chi ha un genitore “imbroglione” diventerà un bambino “impossibile” (lamentoso, irritate, urlante, ..), perché non può credere al genitore.

Sembra che per noi sia maggiormente rilevante il pianto rispetto al dispiacere di dirgli di no, ma così non si può fare. Dopo il pianto, il bambino accetterà l’alternativa.

I bambini hanno una “religiosità” innata: dalla nascita fino a circa 7 anni hanno due dei “tridimensionali”, i loro genitori! Mamma e papà sono ritenuti “divini”; questa religiosità infantile la sprecano quando non sono “genitori divini” (coerenti, sinceri, ..).

In seguito (tra il 7° ed il 9° anno) i bambini trasformeranno i genitori da persone onnipotenti a persone normali. Per loro, divini siete voi, i genitori, se siete in grado di esserlo (non se siete sempre stanchi, nervosi, non disponibili, ..); altrimenti, diventano “tremendi”, tirannici, piagnucolosi, .. (anche secondo il carattere o se sono maschi/femmine) e paurosi all’esterno delle novità. Ma in famiglia tutti gli errori sono riparabili con l’amore che deve esserci all’interno.

Quando i bambini sono ipercinetici (“terribili”), enuretici (con pipì notturna), piagnucolosi/lamentosi, balbuzienti, .. ci stanno dicendo qualcosa. Spesso esprimono la “sindrome dell’onnipotenza”: non ci trovano abbastanza validi, perciò diventano loro onnipotenti. Pertanto, il problema è uno solo: noi non siamo stati così validi (come loro si aspettavano), e quindi cercano di diventare loro onnipotenti. Ma poi hanno paura del mondo che, senza di noi che li proteggiamo, sembra che li possa divorare. Da qui derivano sindromi nevrotiche.

Che cosa possiamo fare?

1. La prima reazione, di cambiamento, che possiamo avere è un abbraccio che lo trattenga dolcemente (“HOLDING”, non le “sgridate”), che ha il duplice effetto del contenimento del bambino e di esprimere una relazione affettiva. Quest’abbraccio gli fa sentire che: gli voglio bene; non gli permetterò di far male ad altri (o a se stesso); non lo lascerò, finché non sarà calmo; .. Finché non si lasciano andare (quando hanno capito che il potere è nostro, che li proteggeremo, che li faremo crescere nel modo migliore, ..), il viso deve essere vicino al bambino, anche per dirgli, sottovoce (non gridando), parole dolci e rassicuranti. La voce deve essere la più bassa possibile, dolce, tranquilla, serena ma ferma; più abbiamo paura [o altre emozioni non rassicuranti], più il bambino avverte che c’è pericolo [disagio]: sentiamo timori quando siamo incapaci [di assolvere il nostro ruolo].

[Esprimendosi con capricci] il bambino sta facendo il “ricercatore della verità” [E’ vero che i miei genitori sono onnipotenti/ i migliori del mondo, o no?]. Occorre rispondere con tranquillità perché non va bene arrabbiarsi con i bambini. Quando siamo adulti davvero, sappiamo rispondere con calma, in modo tranquillo e logico; ma nel momento in cui siamo arrabbiati, ci mettiamo a gridare, perdiamo il controllo, riprendiamo comportamenti illogici/irrazionali che ci riportano alla nostra emotività latente. In tali casi perdiamo autorevolezza, capacità di essere adulti, e il bambino percepisce un adulto che cerca di usare il bambino [che è in lui]. Gli facciamo paura solo perché siamo “più alti”, ma dentro di loro spesso “sorridono”: hanno davanti a loro un adulto scardinato nel suo aplomb, ridotto come loro (e, quindi, “vinto”).

Quindi, chi grida con i propri figli perde subito .. Ad alcune mamme che affermano, piene di sconforto: “I miei figli non mi parlano più”; “non mi ubbidiscono per niente”; .. occorre dire che ad 1 BISOGNO (avere genitori onnipotenti) non soddisfatto corrisponde spesso 1 PATOLOGIA (la necessità dei bambini di mostrarsi loro onnipotenti).

2. [Applicando la tecnica di holding], le prime volte i bambini possono manifestare una resistenza all’abbraccio. A tale resistenza occorre opporre la nostra serena costanza, non la nostra resistenza (non è una lotta), anche se tale potrebbe essere la reazione del nostro “bambino interiore” (se non subito ubbidito da altri, si sente spinto a “combattere”); ma noi siamo genitori, non “strangolatori”. Deve vincere “l’adulto”, se no loro rimangono “orfani”, in una “famiglia di bambini arrabbiati”.

Il capriccio non esiste: è solo una domanda di chiarimento. (“Per sbagliare andiamo bene tutti”). Un esempio è il caso del bambino che respinge un piatto, dicendo “non mi piace”. In tale caso è bene non dire: “Lo devi finire”. Se non riusciamo poi a fare eseguire questo ordine perentorio [otteniamo l’effetto inverso di quello sperato]: “Non si possono dare ordini alla bocca”. [es. – gnocco che rimane in bocca, senza essere masticato e inghiottito]. Se non riusciamo poi a fargli effettivamente finire ciò che è nel piatto, il bambino pensa di essere più potente di voi (o che potrà disubbidirvi sempre, da quel momento in poi) e, quindi, di comandare.

Mai domandare qualcosa che passi dalla bocca: finché il bambino è molto ubbidiente, e meglio ordinargli di fare cose che possa fare con le mani o con il corpo, perché si renderà conto che l’ordine sappiamo farlo eseguire. Ad es. “raccogli il gioco in mezzo alla stanza” [aiutandolo, muovendoci noi stessi e raccogliendolo insieme con le mani di entrambi], evitando arie di sfida o agitazione. L’ordine si dà una volta sola. I veri educatori usano tantissimo le gambe [facendo insieme al bambino molte azioni che gli si chiede di fare, almeno le prime volte], a differenza di molti genitori che vogliono “comandare con la bocca”. [Per fare sì che l’ordine sia eseguito], avvicino il bambino, prendo le sue mani ed insieme mettiamo via il gioco, [rafforzando il gesto con incentivo positivo a fare di più in seguito]: “Bravo che hai raccolto subito il gioco; peccato che ti sei fatto aiutare”.

Occorrono TEMPO, PAZIENZA e ATTENZIONE per dedicarsi all’esecuzione dell’ordine. Bisogna verificare subito che sia eseguito, subito dopo avere fatto la richiesta, dopo un solo ordine. Non è opportuno richiedere di “mettere a posto tutto” [Se qualcosa non fosse messo a posto, l’ordine non sarebbe eseguito. Dopo avere raccolto il gioco, le prime volte si può dire]: “Adesso io ho voglia di mettere a posto il resto”. Gli ordini devono essere semplici ed in un numero moderato.

I bambini non ci ascoltano per la distanza che usiamo. La vicinanza al bambino, invece, comporta che inseriamo la nostra energia nella sua [rafforzandola], creando una relazione reale con nostro figlio. (Se dice: “Mamma .. insieme”, non è un bravo bambino [che vuole condividere l’azione], ha dato lui l’ordine!).

Occorre fare piccoli passaggi (Quando saranno più grandi, abili, esistono gli incarichi). E’ giusto dare REGOLE, non ricatti (“Se non .. non vi darò ..” – in negativo -), che sono molto gravi. Il ricatto fa male a noi (ci toglie la parte potente/divina). Occorre attenzione anche con la consequenzialità (“se .. allora ..” – in positivo -): anche il premio, come il ricatto, può essere pericoloso (perché fa crescere le aspettative).

Il genitore deve scegliere. (es. cartoon giapponesi / americani). Uno dei percorsi difficili per i genitori è far capire “prima il dovere, poi il piacere”. I bambini che hanno abitudini fisse sono più calmi. I bambini diventano irritabili se non hanno un ritmo [come quello naturale] – che avvertono nell’alternanza dei mesi, nel ciclo circolatorio, .. -: hanno bisogno di ritmo anche nelle relazioni. Cosa posso far scegliere a questa età? Essenzialmente le “scelte secondarie” (dai 3 ai 5 anni ca.): per es. il colore del pantalone pesante, in questa stagione (la scelta primaria [il tipo di pantalone] la faccio io, in base alla stagione ..). La scelta primaria la deve fare l’adulto (“adesso usciamo”), lasciando eventualmente al bambino quella secondaria (“Preferisci andare a .. o da ..”).

E’ meglio che trovino ritmi sempre uguali.

D. – Come dare gli stessi ritmi in caso di genitori separati? – Occorre che entrambi i genitori [diano/osservino] regole nei rapporti con i bambini, con un numero di regole comuni – 10? –. Altrimenti, ingenerano confusione nella mente dei bambini – che è quasi come una malattia mentale in un adulto -. Per fortuna, i bambini sono flessibili (sono capaci anche di rispettare 2 regole diverse in due case diverse). Sembrano desiderare di stare di più con il genitore che ci sta di meno ma, quando hanno davvero bisogno, si aggrappano a chi dà loro certezza e chiarezza.

Non è che i bambini vivano regole diverse in ambiti diversi. Occorre distinguere i livelli. Le regole / i NO di base [strutturali] dovrebbero essere uguali dappertutto [in casa, all’asilo, dai nonni, ..]; poi ci sono i no / le regole di sovrastruttura (“non mettere i piedi sulla sedia”). Queste differenze non fanno male ai bambini; su regole non fondamentali, quando piangono [non occorre essere sempre rigidi].

¨ Le regole di struttura [devono essere poche, fisse, semplici e chiare]: mangiare seduti a tavola; fare la pipì in bagno; .. (Ogni ambiente ha la sua funzione); ritmo [come] nei tempi [quando] del cibo (mangiare e bere) e del sonno (dormire) – [e dove farlo]: a tavola / nel proprio letto -.

¨ Le regole sovrastrutturali possono invece essere variabili, con motivazioni. Occorre fare una scelta (p. es. se consentire la visione di giochi o pubblicità in tv, ..).

[Se p. es. si ritiene che i regali siano fatti in determinate situazioni – Natale, compleanno, Befana -, si può spiegare al bambino, che magari li vede pubblicizzati in tv, che può] avere piacere che esistano / sognarli, ma che i giochi li ha / li avrà e, visto che non vi è nessuna festa in vista, ora non li può avere.

Occorre sicurezza di dire la verità; se si è sicuri, il confine diventa reale. Non bisogna avere paura di essere “cattivi”. L’amore dei bambini è ambivalente.

Non bisogna dare sempre da mangiare. (Come per i giochi, [la continua richiesta di cibo spesso nasconde l’affermazione]: “Voglio tutto”). I disturbi alimentari dell’adolescenza si possono portare dietro per tutta la vita. Una alimentazione “ritmata” non dà origine a gastriti, ulcere, anoressie, bulimie da adulti.

Magari all’inizio si può essere dispiaciuti della verità, ma poi si diventa consapevoli [della sua importanza]. E’ importante anche prevenire [possibili capricci] (p. es. dire, prima di andare in un luogo: “Andremo .. Non potrai disturbare ..”). I bambini devono utilizzare il proprio tempo; [perciò può essere una buona idea, quando si va in luoghi dove potrebbero annoiarsi] preparargli uno zainetto con piccoli giochi, libretti, .. da portare con sé.

Spesso sente che mamma e papà si vergognano di un bambino capriccioso. [Ma questo non è un motivo per venire meno alle regole di base, anche solo per evitare “scenate” in pubblico, e neppure avere timore di interventi decisi, dove servono]. Occorre attuare ciò che si dice al bambino.

P. es. se si sono promessi due schiaffi [a certe condizioni], occorre fare proprio ciò che si è detto [né di meno, né di più], con calma: “Non puoi fare i capricci” (1° schiaffo), “in questo luogo” (2° schiaffo). Occorre dare pochi schiaffi, ma tutte le volte che servono, dove siano. Le “sculacciate” si devono usare pochissime volte (e mai sotto l’impulso della rabbia): [essenzialmente] sul rispetto di genitori, nonni, insegnanti, .. (“la zampata del mammifero che si fa rispettare” – non quando rompe un vaso Ming .. -).

Il castigo (invece della sculacciata) non va bene in caso di violazioni al rispetto, ma va bene in generale per ottenere ubbidienza. Deve essere “rappresentativo” (molto piccolo, simbolico – Più avanti, alle elementari, potrà diventare “restituzione”: fare cose a persone che i bambini hanno messo a disagio -). A questa età il castigo non deve essere privazione (altrimenti, crea voglia di vendetta): piccoli, un po’ simbolici.

[La cosa migliore è sempre] parlare con loro (redarguirli, se necessario), tenerli fermi un attimo a riflettere

D. Chiuderli nella stanza? – E’ troppo, non lo devo “cacciare” (La chiusura è per “delinquenti”). Le porte devono essere sempre aperte.

D. – Come comportarsi [per capricci legati al] sonno (ed agli orari in cui andare a dormire? – Il sonno porta con sé paure molto grosse (specie dopo i 3 anni e mezzo). Un bambino di 4 anni riconosce l’esistenza della morte (anche se non è morto nessuno in famiglia), e la percezione della morte comporta paure. E’ un argomento poco meno delicato del cibo. La notte, il silenzio, le porte chiuse, l’assenza di luce, .. possono comportare paure non risolte. (Il genitore che non ha risolto le proprie paure su buio, morte, notte, .. ha più problemi [nel gestire quelle dei figli]). Per addormentare i bambini ci deve essere un “rituale” (che ci fa stare meglio): riti sempre uguali a se stessi fanno molto bene alla mente (p. es. mettere il pigiama – fare pipì – lavarsi i denti – bere l’acqua – andare a letto – leggere 1 fiaba – avere un numero fisso di baci da mamma e papà - ..). Un rituale fisso porta serenità alla mente; per questo è opportuno cercare di fare sempre le stesse azioni uguali (p. es. 2 baci per genitore). Dopo di che, è bene allontanarsi [ma dandogli la certezza che ci siamo – sempre all’inizio, gradualmente riducendo il bisogno -]: “Se tu hai bisogno mi chiami .. ma non puoi alzarti dal tuo letto”. [Se anche finora ci si fosse comportati diversamente], “anno nuovo, vita nuova”. Ma si educa con le gambe: almeno all’inizio, ogni volta che ci chiama – anche 70 volte - occorre andare a vedere (“di cosa hai bisogno?”). La regola, detta il pomeriggio, di sera si applica. Per una quindicina di giorni la massima gentilezza e disponibilità; poi, si inizia gradualmente a fissare un limite alle chiamate (p. es. “puoi chiamarmi solo tre volte”): quando il rituale si è stabilizzato, non dovrebbe chiamare di notte. Occorre pazienza (15 giorni di chiamate – senza no – e 15 – iniziando gradualmente con no -).

D. – Come rispondere alla richiesta di rimanere lì, con lui/lei? – [se si accetta, viene meno il rituale e comandano i bambini] Lasciare una luce accesa (che non batta sulle palpebre), la porta aperta, una musica a basso volume (ma la sconsiglio: poi finisce ..). Ad un certo punto occorre dire No (“adesso dormi” – anche se risponde “ma io non ho sonno”).

Occorre mettere consapevolezza che tali azioni vadano fatte: pronunciarle, prima di farle, per renderle rituali.

D. – Cosa fare se si cambia casa? – Non cambiare lenzuola, cuscino, detersivo, .. (agendo sull’olfatto: le sue cose, con il suo odore), mantenendo lo stesso ritmo, .. (Si abituerà velocemente, altrimenti si arenano)

Ogni volta che ci attiviamo per le paure espresse dal bambino, riconosciamo la sua paura. Quando loro esprimono paura, occorre dare la nostra sicurezza in cambio.

D. – I genitori devono avere tolleranza per un bambino geloso? – Dipende come si esprime la gelosia: va bene finché è espressa nel verbale (lo lasciamo “sfogare”); occorre limitarla se si esprime in modo fisico.

D. – Cosa fare se chiedono di dormire con noi? – Cerchiamo un evento (S. Martino, S. Biagio, .. [uno qualsiasi ..]) ed iniziamo il rituale ]per farli dormire nel loro letto, nella loro cameretta].

D. – Vanno bene i rituali per il risveglio? – Non dovrebbero servire: (mentre il buio divora, il sonno è fratello della morte, temo di non svegliarmi più, ..) ci si dovrebbe sempre svegliare con gioia (per la ripresa di un nuovo giorno). Dipende anche a quale delle 4 tipologie base caratteristiche si appartiene (e, quindi, quali strategie di risveglio – non rituali, ma modalità di intervento - siano più opportune):

· MELANCONICI – intrattabili di mattino, infreddoliti, non vogliono parlare, .. - può essere utile accoglierli con un sorriso, contenti, ed intervenire sul clima (riscaldamento casa, acqua calda, ..)

· FLEMMATICI – faticano a svegliarsi al mattino, dormirebbero sempre, .. – sveglia “con brio”, lavare il viso con acqua fredda, mangiare lentamente, ..

· SANGUIGNI - ..

· COLLERICI - ..

Ma il genitore non se lo può permettere (deve far vedere che la vita è bella, la giornata da cominciare positivamente, insieme, ..).

D. – Cosa fare se la figlia ha certe richieste di gioco al risveglio? – Sono i genitori a dovere dettare le regole (Pare che la figlia comandi e che la mamma chieda quanto può disubbidire). E’ un errore anche dare troppo. Tutto è risolvibile, occorre cambiare strategia (quando ci accorgiamo che abbiamo sbagliato, correggiamo). Una mamma ubbidiente crea una bambina capricciosa.

I bambini non sono capricciosi, non è vero! Cercano di capire che cosa si può / non si può fare.

Fanno i capricci perché i genitori sono “inaffidabili” (p. es. – “voglio il gelato” [risposta inizialmente negativa – “sceneggiata” – acquisto gelato]). Venire meno alle regole base crea un “guaio” nella mente dei figli (Loro comandano, noi genitori diventiamo “disubbidienti”). In tale caso, occorrerebbe essere fermi: “Puoi piangere o sorridere, .. accettare un’altra merendina oppure no, .. ma il gelato [qui ed ora] non lo puoi avere”. Non bisogna “provare”, occorre farlo. Si può anche essere serafici o dolci (“Vedo che hai terminato di piangere: ricordati che oggi il gelato non lo puoi avere”).

I genitori che fanno diventare i No dei Sì (e, quindi, che si dimostrano “inaffidabili”) evocano i capricci. Si possono esprimere Sì, se non sono un limite [posto dalle regole base] per la salvaguardia del bambino. Occorre essere severi anche con quelli che si “intromettono”, [in caso di motivato diniego], facendo i “buonisti”.

I bambini hanno il diritto di scoprire la verità, anche attraverso il pianto ed il capriccio (unico sistema per scoprire ciò che è vero - e possibile -).

(Non si ha il diritto di spaventare il bambino con la rabbia degli adulti)

La normalità del pianto di un bambino è sino ad un’ora (Siamo noi che non abbiamo resistenza .. – Se singhiozza, imparerà a cantare .. -).

Non devono pensare che c’inventiamo le regole per i nostri interessi [Secondo il momento o dell’umore]. Se riusciamo ad essere sempre sereni e allegri, si affideranno a noi.

I No irreversibili sono pochi: riuscendo ad essere sereni e fermi in tali casi, il bambino non farà più i capricci. Con le brave educatrici, i capricci non li fanno .. qui i Sì sono Sì, ed i No sono No: c’è chiarezza che quanto detto è vero, e quindi a loro si affidano.

Mentre piange, non rimango lì (Mi metto a spolverare, ..).

D. – E’ opportuno allontanarsi, in tali casi? – Meglio non andarsene: ha il senso di una fuga, per paura del capriccio.

D. – E fare delle eccezioni? – La “eccezione” i bambini la capiscono con la mente intorno ai 12 anni (quando la comprensione emozionale e quella razionale si uniscono); e poi, “UNA TANTUM” vuol dire “1 volta soltanto”! A quest’età, la eccezione non possono capirla emozionalmente: quando si dà una regola, deve essere stabile; fare un’eccezione crea disagio nel bambino.

D. – E’ utile in tali casi usare la tecnica dell’abbraccio? - Nell’ora del capriccio, neppure l’holding è utile (Va usata solo se può farsi del male, per trattenerlo).

D. – Nel caso di sospetto autismo può essere utile? – In tali casi vi è bisogno di holding spessissimo; l’abbraccio rassicura ed è anche un contenimento.

Per concludere, abitualmente finisco con una piccola FIABA per Adulti

(una metafora, per capire di più le cose):

C’era una mamma con un bambino che non aveva voglia di crescere.

Non metteva a posto le sue cose, neanche piccoli lavori: “Questa volta non ne ho voglia. Facciamo un’altra volta”, diceva, e la mamma rispondeva - “Va bene” [e provvedeva lei ad ogni cosa]. E così, il “piccolo della mamma” si faceva fare tutto.

A fianco abitava la sorella della mamma, che aveva una bambina a cui insegnava a diventare autonoma e indipendente: sveglia, capace, si vestiva da sola, viva all’interno delle sue capacità e della sua età.

I due bambini giocavano sempre insieme: la cuginetta decideva quali giochi fare (non troppo difficili – per non mettere in difficoltà il cugino -) e si preoccupava di ogni cosa. Il cancello era sempre aperto, poiché vi erano pochi pericoli, in campagna, in una zona tranquilla.

Un giorno, giocando pian piano senza accorgersi entrarono nel bosco. Appena i due si resero conto di dove erano finiti, erano entrambi spaventati: il cugino piangeva ..

Ad un certo punto notarono una casa nel bosco. Davanti vi era un vecchio con la barba bianca, che sembrava aspettarli: “Finalmente siete arrivati. Ho un regalo per voi, ma ve lo dovete meritare”.

Li portò in una stanza piena di giochi in disordine: “Ho diviso la stanza a metà.” – disse il vecchio – “Ciascuno di voi metta a posto i giochi nella sua parte, e riceverete in regalo una bicicletta rossa”.

La bambina, abituata a quel genere di compiti, in poco tempo mise a posto la sua parte (e voleva poi aiutare il cugino nel suo compito). Ma il vecchio la fece andare fuori con il suo regalo, dicendo: “Lui rimarrà qui finché non avrà finito”. La bambina dovette quindi andar via, lasciando il cugino seduto a terra, in lacrime, senza nessun oggetto della sua parte a posto ..

.. Improvvisamente il bambino si svegliò. Chiamò subito la mamma e le disse: - “Basta, da oggi non voglio più essere pigro! Voglio diventare capace di fare le cose che mi chiedi”. E subito iniziò: voleva imparare tutto in una mattina. Terminati i compiti che la mamma gli aveva assegnato, andò fuori a giocare. Anche la cugina arrivò ..

.. con la sua bicicletta rossa!